Annie Baldissera 2013

Galleria Cassiopea – Roma 

“Come ti riciclo il ferro…e non solo..”
nella poetica di Paolo Camiz

“…con questo titolo provocatorio Camiz riconduce al gioco dell’assemblaggioal senso ludico con cui realizza le sue tante composizioni e figurazioni tridimensionali e non, eseguite combinando tra loro oggetti dello stesso genere (monomanie) o diversificati (ferro, pietra, legno..), collegati metaforicamente alle plasticità formulate in modo da instaurare un dialogo tra la materia e lo spazio circostante. Sono elementi formalizzati da un registro stilistico che marca lo spazio per ricompattarsi in strutture multiformi, quali passaggi definiti di un unico racconto ad espressione di una complessa creatività.

Il suo ‘vero’ d’artista non poggia su una precisa ideologia, bensì sulla sola pratica scultorea di soggetti desiderosi di vivere la loro fisicità e capaci di veicolare le istanze più profonde di una creatività sempre in atto. O più precisamente il suo ‘vero’ sta nel farsi ‘medium’ di un definito processo, di una felice operazione d’arte dove sono gli stessi ‘pezzi uguali o disuguali’ a dettare legge, a farsi non solo fisicità, ma a definirsi autonomamente, quasi deresponsabilizzando l’atto creativo dell’Autore.

La sua è una produzione particolarmente ricca e variegata, dalle monomanie, quali assemblaggi di strutture metalliche analoghe di ferri di cavallo (Totem), lame di erpice, bulloni, materiali ferroviari che, svincolati dalle loro funzioni originarie, tornano a vivere sotto nuove forme: Vela al vento, Sancho Panza, come le Maschere tribali realizzate con diversi tipi di ferri, fino a soggetti strutturati quasi per gioco, magari seguendo lo stesso sguardo divertito di un Enrico Baj…

Non meno significative sono le opere in pietra, quelle in piombo realizzate secondo la tecnica dell’incisione per percussione e quelle formulate assemblando materiali diversi come il legno e il ferro, secondo soluzioni diversificate, ma tutte capaci di parlare al cuore di chi le osserva.

A ben vedere, una peculiarità precisa della poetica di Camiz è ‘la dimensione del silenzio’, in cui ogni sua opera sembra essere cristallizzata secondo una formulazione atemporale; parafrasando il profeta Gibran: il suo cuore conosce nel silenzio i segreti…e non potrà dire ho trovato la verità, ma…una verità; non potrà dire ho trovato il sentiero dell’anima…ma l’anima in cammino sul mio sentiero. Da qui si evince che è l’ascolto stesso del silenzio che si fa suono interiore, intuizione più pura, per cui il ‘tacere’ ispira l’amore al ’sentire’, al di là della forma e a percepire un’ espressività interiore capace di farsi pensiero. Infatti non c’è nessuna necessità di spiegare il senso delle sue opere, parlano da sole, sono capaci di arrivare a definirsi autonomamente.

E’ il silenzio ‘il ponte’ per uno sguardo più attento e per la ricostruzione di una nuova estetica; è col silenzio che l’anima arriva alla consapevolezza, alla conoscenza, in un rapporto intimo con la realtà.

Una realtà già codificata e al tempo stesso nuova, viva ed emozionante quella riproposta dalla poetica di Camiz, mai artefatta da inutili virtuosismi, anche se indubbiamente risultano palesi le sue alte capacità tecniche e le sue accattivanti alchimie operative; solo così si può cogliere il vero senso del suo ‘far arte’.

Con tali presupposti è difficile dare una definizione univoca alla sua poetica, di sicuro presenta un impianto che tende alla figurazione ma con note che echeggiano la Minimal Art, caratterizzata da un processo di riduzione degli elementi compositivi capaci quasi di sfiorare lo spazio, che invadono in punta di piedi; sono strutture tridimensionali elementari, con una logica unitaria dell’insieme, come i Lottatori, Lo scheletro dell’albero  così volutamente inconsistenti da riportare l’essere al punto di una più profonda spiritualità.

Altre opere sono più vicine al senso della Conceptual Art, quando l’Autore struttura composizioni quasi seriali, quali le Maschere tribali, ricche di primitiva vitalità, potenza, pathos e sentimento poetico insieme.

Sono contaminazioni tipiche del processo dell’arte che fanno del suo ‘nomadismo’ la progressiva affermazione di una poetica in continua evoluzione”.